La storia del Comune

Uscendo da Porta d'Arce si percorre la Terminillese e a Vazia si prende la provinciale per Cantalice e in 4 chilometri si giunge nella parte alta del paese. Il robusto Torrione del Cassero sembra ancora oggi voler custodire e proteggere l'agglomerato urbano, sviluppatosi in questi ultimi anni, soprattutto nella parte bassa.

Data di pubblicazione:
22 Marzo 2021
La storia del Comune


L'origine del nome tradizionalmente rinvia ai lemmi catà e ilex, per indicare la vicinanza di un leccio che doveva innalzarsi dietro la sagrestia dell'antica chiesa di S. Maria delle Grazie.

L'abitato sembra esser sorto intorno al XII secolo dalla fusione del Castello di Rocca di Sopra, della piccola Rocca della Valle e della Rocca di Sotto, elementi urbanistici disposti, come bene esprimono i nomi, lungo il declivio collinare che scende fino alle propaggini della piana reatina.

Posto sul confine tra Umbria e Abruzzo, Cantalice vive coronato dalla superba mole del Terminillo (m. 2213), cuore di quel campus tetricus degli antichi Sabini.

Sei porte si aprivano nell'inaccessibile castello che con S. Rufina e Lugnano, nella seconda metà dei XIII secolo appartenevano al Regno di Napoli.

Nel 1304 il comune di Cantalice stipulò alleanza con quello di Rieti, alleanza che però si dimostrerà poco solida nel tempo.

Proprio per difendersi dalle angherie dei vari feudatari Cantalice concorse al progetto di Carlo II di creare una nuova città che, in onore del suo primogenito Roberto, Duca di Calabria, si sarebbe chiamata Cittaducale. Il quartiere di Santa Croce fu infatti realizzato dai Cantaliciani e dai Lugnanesi.

Nel 1457 l'alleanza tra Cantalice, Cittaducale e gli Aragonesi portò allo scontro con Rieti, di questa guerra Loreto Vittori Spoletino scrisse un poema giocoso in ottave intitolato La Troja rapita, che prende a modello La secchia rapita del Tassoni.

I giochi di politica internazionale del tempo portarono Cantalice sotto il Papato. Con il trattato di Terracina del Luglio 1443 il Papa concedeva al Re di Napoli, a titolo di Vicariato, il governo di Terracina e Benevento e in cambio il Papa otteneva Cittaducale, Cantalice, Accumoli e Leonessa. Questa situazione durò solo quattro anni ché Niccolò V, per le spese della guerra delle Marche dovette ricederle il 20 marzo 1447 al Regno di Napoli. Nel 1485 Cantalice rafforzò l'alleanza con Cittaducale contro gli Aquilani che avevano fatto alleanza col Papato. La contrapposizione al Papato nasceva dalla consapevolezza che sottomettersi allo Stato della Chiesa significava sottomettersi a Rieti.


Come era facile prevedere alla fine del 1485 si ebbero le prime avvisaglie di quello che nel Marzo '86 divenne una vera e propria guerra. La pace si sarebbe raggiunta solo l'11 Ottobre quando la città de l'Aquila innalzò la bandiera aragonese. Il 24 Giugno 1502 Papa Alessandro VI, per richiesta di Cantalice, formava la diocesi autonoma di Cittaducale: il distacco da Rieti poteva dirsi completo.

Il Viceré stesso Ferdinando Alvarez di Toledo, Duca d'Alba, inviò un robusto esercito di oltre 7.000 uomini, comandati da Ascanio della Cornia; quando giunse l'assedio era stato già tolto. Il Vicerè avuto notizie del felice esito della guerra e della ritirata dei Reatini, per onorare l'ordine e la fedeltà dei Cantaliciani li esentò per venticinque anni dai pagamenti fiscali. Perché restasse memoria di quanto accaduto, ordinò che intorno all'arma fosse scritto il motto FORTIS CANTALICA FIDES e fosse inserita un'aquila nello stemma, che da allora si presenta così ordinato: scudo coronato con torre di oro in campo azzurro, ai cui lati è il leone rampante e l'elce ramoso, al di sopra l'aquila spiegante il volo e sotto il motto suddetto.

Con Margherita d'Austria nel 1571 Cantalice ebbe un periodo di pace.

Con il XVII secolo iniziava per Cantalice, come per tanti altri territori italiani, un periodo di decadenza, che culminava nel 1655 con le lotte intestine delle famiglie cantaliciane (Lancia, Tavani, Marritto, Carbuglia). Lo scompiglio generale aumentava per le continue incursioni delle bande brigantesche che si andavano diffondendo nel territorio perché si pagasse loro e non al regio tesoriere il fisco. Una di queste bande fu guidata da Giuliano Micheli cantaliciano.

Nel Febbraio 1703 un terribile terremoto danneggiò gravemente l'abitato.

Passata la parentesi del dominio Farnese un periodo di benessere si ebbe dopo il ritorno nel Regno di Napoli. Dopo i fatti dei Marzo 1821 e la sconfitta di G. Pepe ricomparvero i briganti.

La pandemia di colera degli anni 40 portò ulteriori dannose conseguenze, e i nuovi confini fra Stato Pontificio e Regno delle due Sicilie spezzava l'unità territoriale di Cantalice. Cantaliciani figurarono sia nelle truppe garibaldine quanto nell'esercito regolare.


(Testo del prof. Gianfranco Formichetti)

Ultimo aggiornamento

Lunedi 25 Ottobre 2021